Un mese fa è stato pubblicato la ragazza che cadde in fonda al mare di Axie Oh, inaugurando la collana Oscar Vault Edges. Il libro si presenta in una splendida edizione con doppia copertina, segna pagina e pagine colorate con decori. La bellezza esteriore però si trasmette anche sulla bellezza della storia?
Tremende tempeste devastano da secoli il paese di Mina. È la furia del Dio del Mare, un tempo benigno, che si scatena, crede la gente. Per placarlo tutti gli anni una fanciulla viene gettata tra le onde. Sono in molti a pensare che la bellissima Shim Cheong, fidanzata del fratello di Mina, Joon, porrà fine a tutta quella sofferenza. Ma la notte in cui Cheong dovrebbe essere sacrificata, Joon la segue, pur sapendo che ciò significherà morte certa. Per salvarlo, Mina si getta tra i flutti al posto di Cheong. Trasportata nel Regno degli Spiriti, la ragazza si mette in cerca del Dio del Mare, ma quando lo trova scopre che è prigioniero di un sonno incantato. Con l'aiuto di un giovane uomo misterioso, Lord Shin, e di una bizzarra banda di demoni e spiriti, Mina decide che risveglierà il Dio del Mare e farà terminare una volta per tutte le tempeste assassine. Ma un essere umano non può vivere a lungo in mezzo agli spiriti. E c'è qualcuno disposto a tutto pur di non risvegliare il Dio del Mare…
Ammetto di aver letto questo libro per un semplice motivo: la promessa di “spirited away vibes” cioè un’ambientazione simile al film dello studio ghibli “la città incantata”. Da molto tempo sono alla ricerca di un fantasy legato al folklore asiatico che possa trasmettermi quella magia che solo un film di Miyazaki può lasciare. Non deve essere necessariamente ambientato in Giappone (infatti questo libro non prende piede nella terra del Sol Levante) ma che abbia quel misto tra realtà e leggenda che faccia spalancare gli occhi dallo stupore per le immagini che restituisce (mi auguro che tutti voi possiate avere nel vostro curriculum l’esperienza di visione di un film dello studio ghibli).
Date le premesse (e le promesse) La ragazza che cadde in fondo al mare è riuscito in questo suo proposito? Circa. La protagonista, Mina, offre spunti di riflessione interessanti per quanto riguarda le scelte che compiamo, la fede che dobbiamo riporre nelle storie e, soprattutto, in noi stessi.
“Non inseguire il destino, Mina. Lascia che sia lui a inseguire te”
Ho amato particolarmente il suo rapporto con Shim Cheong, a cui non avrei riposto alcuna fiducia, poiché sembrava la classica “comparsa” che serve esclusivamente come “esca” (che è effettivamente così nella storia stessa) e che invece si rivelerà essere lei la vera spinta per tutta la storia, proprie nelle ultime battute del libro. In quel momento ho capito cosa il libro volesse raccontare, ma ahimè, per tutto il resto della narrazione mi sono trovata più spesso annoiata che intrattenuta: per una buona parte del libro le cose che succedono sembrano essere costruire solo ed esclusivamente per evitare che la storia si racchiudesse in cento pagine. E sarebbe stato meglio così, sarebbe stata una vera leggenda e non solo una lunga e noiosa storia che parla di miti. Ho perso il conto di quante volte ho alzato gli occhi al cielo nei momenti in cui Mina ricorda quanto buona fosse sua nonna, quanto amasse il fratello, quanto piangesse per il suo popolo afflitto. È paradossale che un personaggio come lei che si professa “padrona del proprio destino” non abbia una personalità vera e propria ma solo un insieme di ricordi legati alla sua famiglia. E questa mancanza si riversa anche sulla controparte maschile, Shin. Una figura che compie un gesto molto importante ai fini della storia ma del quale non capiamo del perché lo faccia, dal momento che non lo conosciamo. E ho capito che probabilmente l’intento di Axie Oh era proprio questo, imbastire un mito/leggenda, dando personaggi molto “piatti”, tipico stile di un racconto di questo tipo (e in realtà può essere anche lo stile di scrittura asiatico in generale ad essere diverso da quanto sono abituata).
Rimanendo su questo punto, un altro spreco grandioso è stato, infatti, la gestione dei personaggi: ci sono letteralmente personaggi secondari di cui avrei preferito leggere di più. Traspare più personalità da alcuni di loro che da, come detto, i protagonisti. La mitologia stessa a cui fa riferimento Axie Oh non è chiara, dovrebbe essere un misto tra il folklore giapponese, coreano e cinese (che per cultura, alla fine, sono tutte dallo stesso ceppo) ma la storia ce li presenta e basta senza darci molte informazioni, o costruirci un contesto di divinità di questo “mondo”. Vengono citate figure di dei, demoni, spiriti e basta. Non si entra nel merito specifico di queste figure e mi è spiaciuto molto. Ovvio non volevo un manuale specifico e pagine di spiegazione sulla religione di Mina, ma almeno un approfondimento su certe dinamiche e sul pantheon di cui stiamo parlando per trecento pagine me lo merito.
Se dovessi valutare questo libro credo che gli darei tre stelle su cinque, delle quali una sarebbe solo per una citazione che riporto:
“Qual è il significato di questa storia?” [...] “Non c’è alcun significato, solo una... sensazione forse.”
E avrei tanto voluto che questo libro fosse più “sensazione” e non “significato”.
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