Recensione del libro "Sono contenta che mia mamma è morta" di Jennette McCurdy, ex attrice conosciuta principalmente per il ruolo di Sam Puckett in iCarly, associazione che lei odierebbe perché non ama essere ricordata per quella serie. Continuate a leggere la recensione per scoprire il perché!
Ringrazio la casa editrice per avermi fornito una copia del libro.
Titolo: Sono contenta che mia mamma è mortaJennette McCurdy ha solo tredici anni quando diventa una celebrità della tv grazie alla serie "iCarly". Dietro il suo sorriso smagliante si nasconde però l'inferno degli abusi fisici e psicologici a cui sua madre la sottopone fin da quando è bambina. Ossessionata dall'idea di fare della figlia una star, Debbie ha assunto il controllo maniacale di ogni aspetto della sua vita. E Jennette, pur di vedere la madre felice e di conquistare il suo amore, è disposta a rinunciare all'infanzia normale che vorrebbe così tanto. Giorno dopo giorno, per anni, Debbie cerca di distruggere Jennette per ricostruirla a suo piacimento. Solo quando il cancro obbliga Debbie a stare in ospedale e lontano da lei, Jennette scopre fino a che punto è riuscita a devastarla. Preda di disturbi alimentari, dell'alcol e di una grave depressione, è costretta ad affrontare il suo passato e il mostro che l'ha resa ciò che non avrebbe mai voluto essere. Scritto con disarmante sincerità e umorismo nero, "Sono contenta che mia mamma è morta" è il racconto di quello che succede quando chi ci dovrebbe amare più di tutti abusa della nostra innocenza. Ma soprattutto è una storia che parla di resilienza e conquista della libertà. E della felicità di farti lo shampoo da sola.
Cosa troverai in questo libro?
- Il memoir di un ex attrice "baby star"
- rapporto di una figlia con una madre narcisista
- com'era lavorare nell'ambiente di Nickelodeon e il dietro le quinte di un set
- diversi trigger warning: abusi, depressione, anoressia, bulimia e altro
Recensione "Sono contenta che mia mamma è morta" di Jennette McCurdy
«La gente continuerà a vedermi come la persona che ero da ragazzina. So di essermi lasciata alle spalle da tempo la persona che ero. Ma il mondo non mi permetterà di essere nessun altro. Il mondo vuole che io sia soltanto Sam Puckett.»
Lo scorso anno si è parlato tanto di questo libro e sicuramente dal breve riassunto che vi ho fatto sopra non farete fatica a capirne il perché. Una decina di anni fa o poco più, Jennette McCurdy era parecchio apprezzata per il personaggio di Sam nella divertentissima serie Nickelodeon. A me piaceva molto, sia la serie sia Sam, come immagino l'abbiano apprezzata tanti altri adolescenti. Sam non era la protagonista, ma riusciva a rubare la scena con i suoi modi un po' rudi e il suo sarcasmo. Eppure la McCurdy non ama essere ricordata per "Sam". Sembrano le parole di una persona che sputa nel piatto in cui ha mangiato, ma in realtà Jennette McCurdy non è mai stata interessata né a recitare né a diventare famosa. Questo era il sogno di sua madre, una donna narcisista che sperava di riscattarsi tramite la figlia.
«Aveva bisogno che fossimo seri, che prendessimo la situazione nel modo più doloroso possibile, che fossimo devastati. Aveva bisogno che non fossimo niente senza di lei.»
Jennette fa di tutto per compiacere la madre Debbie perché, probabilmente vedendo come tratta il padre, non vorrebbe trovarsi davanti una donna che urla, piange e fa minacce con tanto di coltello. La piccola Jennette non vuole vederla in queste condizioni e fa di tutto per renderla felice. E così inizia a partecipare ai casting, prende lezioni di recitazione, va a diversi corsi di ballo durante la settimana e riduce notevolmente il numero di pasti e di alimenti da consumare per via della dieta a restrizione calorica approvata dalla madre. Una routine piuttosto stressante (e nociva) per una bambina che ha meno di dieci anni. E quando qualcuno le fa presente che la figlia potrebbe essere anoressica e avere un disturbo ossessivo compulsivo, Debbie fa orecchie da mercante. D’altronde Jennette non fa nulla senza la supervisione della madre, nemmeno la doccia.
Jennette mostra subito talento per la recitazione. Quando c'è da urlare, piangere e scalciare è molto brava perché ha imparato dal comportamento imprevedibile della madre. E quasi si sente bene quando deve recitare queste parti perché è catartico, ma allo stesso tempo si sente a disagio a recitare, a ricevere perennemente attenzioni e ad essere giudicata. Preferisce di gran lunga scrivere, ma per la madre non va bene scrivere perché «gli scrittori sono sciatti e ingrassano» (parole prese dal libro) e la figlia non può permetterselo, specie quando è una stella nascente. Deve restare piccola e bella, in modo da avere più opportunità di essere presa, anche per ruoli destinati a bambine più piccole.
Ma crescendo Jennette è sempre meno contenta della direzione che sta prendendo la sua vita di cui non è mai stata padrona. Quando arriva la fama, è anche peggio. Tutti la riconoscono, tutti le si avvicinano per fare foto e parlarle, e lei non si sente a suo agio con tutto ciò. Ma Jennette è troppo devota alla madre anche solo per dire "no". Anzi, una volta ci prova e la madre fa la solita sceneggiata. Ci sono i momenti in cui Jennette la odia, ma poi se ne pente, si sente un'ingrata. D’altronde sua madre sta facendo tutto questo per lei, no?
Non voglio aggiungere altro sulla storia della McCurdy perché ci sarebbe davvero tanto da dire e quello che ho scritto non è altro che una minima parte, ma se siete curiosi vi consiglio naturalmente di leggere il memoir. Non mi pare il caso di dire “mi è piaciuto\non mi è piaciuto” perché stiamo parlando della vita di una persona, posso solo dire che l’ho trovato “esaustivo” e cioè girando l’ultima pagina non ho sentito il bisogno di approfondire perché Jennette racconta tutto quello che ha da dire e lo fa senza tralasciare dettagli e con uno stile schietto, senza filtri. Ho apprezzato molto il tipo di narrazione perché mi ha tenuta incollata alle pagine e non ho potuto fare a meno di divorare capitolo dopo capitolo, curiosa di sapere se Jennette alla fine sarebbe riuscita a riprendere le redini della sua vita. L’unica cosa è che non mi ha fatto piangere come immaginavo, ma non è sicuramente un aspetto che reputo negativo, anzi, non penso che fosse l’intento della McCurdy suscitare questo tipo di emozione nel lettore; piuttosto penso che abbia voluto mettere nero su bianco la sua vita, e scrivere questo libro probabilmente è una delle poche scelte che ha fatto da sola.
Quindi non ci sono state lacrime, però ci sono state tante altre emozioni. Sicuramente dispiacere per quello che ha dovuto subire sin da bambina e per le ripercussioni che ciò ha avuto su di lei, vita sociale e sentimentale compresa.
«Senza di lei non so che cosa voglio. Non so di cosa ho bisogno. Non so chi sono.»
Poi è bello il discorso che fa sull'essere delle baby star, sul crescere sotto i riflettori. Spesso ci dimentichiamo che l'adolescenza è quel periodo in cui commentiamo errori e impariamo e, come giustamente fa notare Jennette, immaginate essere alla mercé del pubblico, specie se diventare famosi non è il vostro sogno.
«Crescere è una strada incerta e piena di errori, specialmente quando si è adolescenti - errori che di certo non ci tieni a commettere sotto gli occhi del pubblico, e per cui non vorresti essere ricordata per il resto della vita. Ma è ciò che succede quando sei una star bambina.»
⭐⭐⭐⭐
Leggerete questo libro?
Giusy @divoratoridilibri
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